Un blog che fa parte di una "casta di gente di sinistra"
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30/04/08


Sterling flies like a banana

Prologo: io e la Danese eravamo convinti che il volo che ci avrebbe riportato in Italia da Copenhagen partisse alle 8.30, e invece partiva alle 9.15.
Step 1: i tabelloni dell'aeroporto riportano un ritardo in partenza di un'ora. Si partirà alle 10.15 dal gate B7.
Step 2: corriamo al gate B7 in tempo per farci dire da un passeggero "Mi ha detto mio cuggino che bisogna andare al gate A18." Risaliamo il corridoio di corsa e a metà scorgo su un monitor:

10 15 Milano/Malpensa A16

"Eh?"
"Boh, controlliamo i monitor in fondo al corridoio."

Monitor in fondo al corridoio: il volo per Malpensa non esiste, è un'invenzione di una sinistra illiberale. Imbocchiamo il corridoio che conduce all'A16 (che, ovviamente, è in fondo): niente. Torniamo indietro verso l'A18 (che, contrariamente a quanto uno potrebbe pensare, dista settecento metri dall'A16) e un terzo monitor ci conferma che quello era il gate corretto. Insomma, aveva ragione suo cuggino.
Step 3: dopo alcuni minuti di accampamento davanti all'A18 (ovviamente, chiuso), vado a controllare il monitor: il volo è stato spostato alle 10.30.
Step 4: controllo il monitor un'altra volta: sempre le 10.30. Torno a sedermi e mentre mi appoggio a terra una signora esclama: "Ma porca miseria, l'hanno spostato alle 11!"
Step 5: aprono il gate e colonizziamo le comode poltroncine, sulle quali sbavavamo da più di mezz'ora. Dopo una ventina di minuti, una voce irrompe con fragore di tromba: "Non sappiamo dove sia l'aereo, intanto che decidiamo se trovarvene un altro o farvi tornare in Italia in triciclo vi diamo 75 corone (10 euro) per comprarvi qualcosa di carino." Vado da Starbucks a procacciarmi dei dolciumi, torno e l'aereo è sempre programmato per le 11 nonostante siano le 11.10. Forse hanno appena approvato una riforma dei fusi orari a mia insaputa.
Step 6: l'aereo è stato effettivamente sostituito da un set di tricicli? L'aereo parte, ma per arrivare al gate ci vogliono tre ore e una slitta trainata da husky? No! L'aereo arriva! Fra scene di giubilo generalizzato, il monitor riporta come orario di partenza le 12.
Step 7: ci imbarchiamo veloci come delle lippe, cinture, le uscite di sicurezza sono lì lì e là, metti la maschera metti il giubbotto gonfia il giubbotto con le cannucce dell'Estathe, tutti pronti per partire... l'aereo rimane fermo venti minuti ad aspettare Godot. Morale dalla favola, decolliamo alle 12.30.

(Step 8: atterriamo, osserviamo i bagagli uscire sotto i nostri occhi, andiamo al recupero bagagli. E aspettiamo altri venti minuti. La prossima volta, per favore, potete mettere direttamente fuori un cartello "QUESTO E' UN COMPLOTTO", ché almeno uno si mette l'anima in pace?)




17/04/08


Ma non era un giornale sportivo, una volta?





Nel segreto dell'urna

Sabato, dodici aprile duemilaotto, ore sedici.

Mi avevan detto male: il seggio dell'ospizio si è rivelato essere... il seggio dell'ospizio. Dove votano solo quelli dell'ospizio. Per cui la prima consapevolezza del sabato pomeriggio è che gli iscritti a votare saranno 69. Saranno giornate molto lunghe.
Le formazioni:
  • Presidente, qualche anno più di me, preso di peso dal Manuale del Perfetto Berlusconiano;
  • Segretaria, amica del Pres, molto meno ingessata ma altrettanto perfetta berlusconiana;
  • Scrutatore1, thirtysomething con prole ammalata e tendenze centriste;
  • Scrutatore2, ultrasettantenne un po' pedante che conosce anche il terzo nome dell'ultima delle infermiere;
  • Scrutatrice3, vivace signora settantacinquenne che ne dimostra venti in meno e che ha l'aria di averne viste tante;
  • i tre tizi del seggio speciale, che dovrebbero raccogliere i voti di tre persone. "Dovrebbero", perché una ha deciso di votare nel seggio normale, una non riesce a procurarsi i documenti necessari e una è peggiorata. Quindi stan lì un quarto d'ora e poi se ne vanno a casa.

Locale piccolo, cabine arrugginite e, soprattutto, non predisposte per far votare le persone in carrozzina. Allestiamo una cabina di fortuna requisendo un classico divisorio da ospedale, rabberciato con lo scotch di carta gentilmente offerto dal Viminale, e un tavolino non eccessivamente sano. Il Pres timbra la prima scheda, ma esagera con l'inchiostro e un'enorme pozza di unto nero si spande ovunque. "Facciamo che questa la mettiamo in fondo, tanto non voteranno mai tutti e 69".
Centocinquanta firme dopo, sigilliamo tutto e torniamo a casa.

Domenica, tredici aprile duemilaotto, ore otto.

Pres: "Dai che ce la prendiamo con calma."
Apriamo il seggio e, nell'ordine:
  • arrivano in quattro contemporaneamente a votare;
  • nessuno di questi quattro è iscritto alle liste del seggio, ma ha un certificato del Comune di provenienza che gli permette di votare lì;
  • nessuno ci ha detto come e dove andassero registrati;
  • io e la Segr cerchiamo di contattare quelli dell'Ufficio Elettorale, ma anche loro hanno pensato "dai che che la prendiamo con calma" e si sono dati alla macchia;
  • una dei quattro in attesa di voto è una ottuagenaria vamp calabrese particolarmente indisponente.
Un, due, tre: casino.
Alla fine si risolve tutto, i vecchietti votano senza troppi problemi e posso concentrarmi sulle note di colore. Una signora del 1911, tanto timida quanto lucida. Un signore del 1913, con borsalino, baffo neanche troppo brizzolato e una vaga rassomiglianza con Nonno Simpson, che arriva, vota e sta lì dieci minuti a raccontare epiche storie di quando faceva il carrozziere. Una povera signora cieca da trent'anni in balia di una nuora-virago che sbraita, mentre il figlio sta lì impalato con un'aria mogia e succube. Anche se la scena più bella è quella di un marcantonio ultraottantenne, trasportato faticosamente su una sedia a rotelle dall'altrettanto anziana moglie. Viene portato nella cabina di fortuna, vota e la moglie gli dice con un filo di voce: "Hai visto? Sei riuscito a votare un'altra volta." E lui singhiozza, singhiozza come un vitello, e non riesce più a smettere, e lo portano via che ancora sta piangendo.
Arriviamo alle 18 con una quarantina di votanti, poi 4 ore di nulla totale: il Pres scambia dotti pareri con un rappresentante di lista del PdL, la Segr compila verbali a getto continuo, gli scrutatori ammazzano il tempo imbustando cinquemila cartoncini gentilmente offerti da S1.
Quattrocento firme dopo, sigilliamo e torniamo a casa.

Lunedì, quattordici aprile duemilaotto, ore sette.

Dopo l'esordio del giorno prima, mi aspetto che alle sette e due minuti spuntino fuori orde di vecchietti con certificati stampati su tavolette d'argilla da un comune della Slovenia passato nottetempo sotto la giurisdizione italiana. Invece il primo elettore arriva verso le dieci e mezza, permettendoci di compilare tutto il compilabile.
Di personaggi ce ne sono pochi, a parte un vecchio cumènda milanese che si lamenta della sonnolenta Brianza, e che viene blandito da S2 con una copia di Tuttosport. S3 racconta di quando aveva un negozio di alimentari a Milano e Renato Pozzetto le chiedeva una teglia di lasagne da infornare per gli ospiti.
Si chiudono le urne, si passa allo scrutinio. Che, in sè, scorre via veloce: 51 votanti, nessuna contestazione, l'unica nulla è di uno che ha fatto la croce su tutti i simboli tranne quello del PdL. Pareggio perfetto: una ventina di voti a testa per PD e PdL+Lega, 3 per l'UDC, pochi voti "creativi" (un Partito Liberale, un Per il Bene Comune, un Partito Comunista dei Lavoratori). Che, sommato alla faccia scura del rappresentante del PdL, mi faceva quasi ben sperare.
Infine, la litania dei plichi. Prendi una busta, mettila in un'altra busta, chiudi la busta, sigillala, timbrala, firmala. "Merda, ci siamo dimenticati il registro ventottobarraeffe". Dissigillala, metti il registro, leggi venti volte il regolamento, controlla le firme, ricontrolla le firme, risigillala, ritimbrala, rifirmala. Ripetere il procedimento per tutte le buste.
Dopo un paio d'ore, chiudiamo tutto e andiamo tutti in Comune a consegnare gli ultimi plichi e a ritirare il soldo. Ufficio tributi, l'impiegata scorre il suo piccolo registro.
"Ma tu sei il figlio di E.?"
"Sì, sono io."
"Assomigli in maniera impressionante a tuo nonno."
Esco, salgo in macchina, le proiezioni sono orripilanti. Piove, sembra autunno inoltrato e finisco a pensare alle storie di questi giorni e al nonno che non ho mai conosciuto più che al governo, alle maggioranze, ai flussi elettorali. E mi sa che è meglio così, a prescindere dal vincitore.




10/04/08


(M)agone politico

E volevamo la campagna elettorale non urlata, senza i tizi che se menano, che si parlasse di programmi, di riforme, o che in ogni caso ci si comportasse da persone civili. Ce l'abbiamo avuta, e ci siamo annoiati a morte: e vogliono fare le larghe intese, e com'era bello quando Prodi dava del ciucco a Berlusconi o Berlusconi gridava "comunisti" ogni volta che gli schiacciavi il bottone dietro la schiena (ehi, ma lo fa anche adesso! devono averglielo aggiustato). Personalmente, ritengo un valore il fatto che la campagna elettorale sia stata una noia mortale: se hai bisogno di una botta di vita e senti la necessità impellente di guardare Ballarò, forse non stai troppo bene. Questi due mesi son stati lungi dall'essere un ritrovo di menti eccelse e discorsi sui massimi sistemi, intendiamoci, ma meglio così che la solita battaglia con le clave.
Noia più disillusione uguale astensionismo, e per uno che si astiene per scelta ponderata e rispettabile c'è un coro di dieci "tanto son tutti uguali", "io sono un antipolitico", "ve siete magnati tutto, magnateve pure questa" con in allegato la canonica fetta di salame. Tanto, se se magnano tutto, se magnano tutto anche se te ne vai al mare, con la differenza che in quest'ultimo caso ti cucchi quello che scelgono gli altri. Schifezza per schifezza, preferisco almeno provare a scegliermela da solo. Per quanto mi riguarda, voterò, addirittura più convinto delle volte precedenti. Anche se non potrò giocare al Grande Gioco del Voto Disgiunto, maledetta anagrafe.
Intanto, lunedì prossimo niente overdose di exit-poll: mi hanno preso per fare lo scrutatore. Una ventina di giorni fa mi arriva la lettera di nomina: "bla bla bla, si presenti all'ora tot al seggio dell'ospizio". Immaginavo un seggio tipo-ospedale, con venti iscritti ottuagenari portati di peso in cabina da zelanti accompagnatori (Calvino docet), invece mi han detto che è come tutti gli altri. San Nonsocosa, protettore degli scrutini, illumina la mia mente perché non sbagli a contare le schede, liberami dai rappresentanti di lista cagacazzo e donami delle schede nulle un po' divertenti.
Ciccsoft, ASG Media, noiseFromAmeriKa